A Zuccotti Park tra gli indignati d'america

La notte aveva piovuto e anche tutto il giorno prima. Al risveglio sono tutti infreddoliti, si scaldano con gigantesche tazze di caffè bollente. Fornellini da campo e lenzuola di carta d'allumino dorata li hanno aiutati a passare un'altra notte all'aperto.

Mi accoglie un vociare soffuso, qualche slogan viene dalla strada accanto. Alcuni hanno propiziato l'ennesimo corteo spontaneo, al quale via via si aggiungono persone. La cosa è casuale, spontanea. Nel corteo entrano passanti o reduci della nottata al parco. Seguaci, curiosi e nuovi indignati part time si improvvisano camminatori della protesta. Arrivano portandosi da casa cartelli e bandiere, alla buona, con pennarelli e tanta fantasia.

Allegria e rabbia sono un tutt'uno in quelle facce. Giovani ed anziani, laureati ed operai. Disoccupati e padri di famiglia insieme per un mondo migliore. Senza più trappole e tagliole. Mi aspetta una giovane, magra in volto e longilinea. Sembra la figlia del grande Jhon Wayne. La salutano tutti. Le chiedono notizie sul programma della giornata. Lei sorride e fa cenno a dopo. E' il mio contatto. Mi racconta come tutto sia incominciato per l'indignazione generale, di uomini e donne, ragazzi e gente adulta, esasperata dalla tirannia delle banche e dal credito negato. Dalle case portate via e messe all'asta per rate non pagate per colpa di mutui elargiti con troppa facilità dalle stesse banche. Delle fabbriche ridimensionate o delocalizzate. Di un mondo che del consumo aveva fatto la propria ragione di vita ed è imploso su se stesso. Di risparmi di tutta una vita andati in fumo.

Vuol sapere se anche in Italia succedono le stesse proteste. Fatico a spiegarle che noi, in Italia, siamo molto meno civili del popolo americano e che la Polizia, da noi, le prende e non le da! Mentre parliamo un gruppo di persone ci avvicina. Hanno divise da Robin Hood! Sono una decina. Rubare ai ricchi per dare ai poveri il loro messaggio. Su un tavolino li accanto un uomo sta fabbricando Pins con una pressa, delle stampe e foglietti autoadesivi di plastica trasparente. Lavora su un tavolino traballante. Lo aiuta un ragazzo. Lo guardo lavorare e incrocio i suoi occhi compiaciuti. Mi dice che non si pagano, offerta libera o anche niente. Ne prende una dozzina, diversi fra loro e me li mette in mano! Poco piu avanti un ragazzo indossa una testa di cavallo e rilascia interviste alla CBS. Un altro finge a sua volta di riprendere i passanti ed i curiosi, con una telecamera di cartone. Si accorge che lo osservo sorridendo e mi dice che tanto, vera o falsa, è uguale. Sono solo, quelle dei politici e degli uomini della finanza, parole al vento.

I carrelli posizionati al lato della piazza sbuffano odori di curry e carne ai ferri con cipolle. Hot Dogs e Hamburgers la fanno da padrona. Una bancarella alle mie spalle, autogestita, vende magliette e felpe con gli slogans della protesta. " Così ci autofinanziamo " , mi dice lei, sorridendo con dolcezza! La polizia osserva da dietro le transenne. Oggi non piove ma tira vento. Il vento freddo e pungente di New York che si infila lungo le Avenue e ti arriva dritto in faccia. La piazza è poche decine di metri quadrati. La targa in bronzo, affissa sul muretto esterno, dice che non si può andare con i pattini. I ragazzi , a loro volta, hanno messo un cartello nella piccola aiuola, oramai circondata da tende improvvisate, con scritto " Non calpestate i fiori ". Ellen ha seguito il mio sguardo mentre leggevo il cartello e mi dice che loro hanno a cuore il mondo e lo vorrebbero conservare pulito e privo di nefandezze, come quei fiori, ma che sono stati devastati dai pesticidi culturali, finanziari ed economici che gli hanno rovesciato addosso politici e uomini d'affari senza scrupoli. Adesso quindi sono li, in quella piazzetta di fronte a Wall Street, a lottare anche per noi e per tutti quelli che non possono o hanno imbarazzo e timore ad unirsi a loro. Due guardie a cavallo ci passeggiano accanto. Televisioni e fotoreporter sono dentro e intorno al parco. Mi offrono un caffè e uno mi dice che lui è stato in Italia. Un altro ha i nonni del Molise. Siamo tutti immigrati di qualcuno! Saliamo sul marciapiede. Alle nostre spalle si erge la sagoma di un grattacielo in costruzione. Lo fisso! Ellen capisce quello che vorrei dirle ma , per paura di deluderla o ferirla, non oso. " Lo so, il capitalismo non si ferma! Noi siamo qui al freddo, come dei terremotati, intanto alle nostre spalle stanno costruendo un grattacielo che ospiterá altri uffici di finanziarie e fiduciarie internazionali. loro non si fermano mai. Alla fine vincono sempre! Lo sappiamo ma come potevamo stare fermi ed inermi davanti a tanta arrogante cialtroneria? Se solo tutto questo servirà a cambiare anche solo un poco le regole del gioco..." Gli occhi adesso sono lucidi ed anche i miei. Do la colpa al vento pungente. A questa New York che ti sferza le ossa e sembra voler sbatterti con la schiena al muro. Interrogarti. Capire chi sei e cosa vuoi da lei! Ellen annuisce e mi abbraccia. Ha capito la mia emozione e la mia solidarietá per loro e tutti quelli che , come loro, pacificamente e democraticamente, manifestano per un futuro migliore. La chiamano ancora una volta. Adesso deve proprio andare. La guardo mentre viene circondata dalla sua gente. Gli indignati di Zucchotti Park!

Beppe Pisani

(fonte: L'Ordine del 29 ottobre 2011)