Indice basso per la libertà economica in Italia

L'indice 2012 sulla libertà economica mostra per l'Italia una discesa significativa toccando 58.8 e posizionandosi alla 92° posizione (mostly unfree), scendendo di 1.5 punti rispetto al 2011 e le sezioni che hanno maggiormente contribuito alla discesa sono la corruzione ed il controllo della spesa governativa.

L'Italia si posiziona inoltre alla 36° posizione su 43 paesi europei, attestandosi sotto la media mondiale (59.5).

I concetti chiave della libertà economica sono:
Libertà di scelta;
Scambi volontari e coordinati dal mercato;
Libertà di entrare e competere nel mercato;
Protezione delle persone e delle loro proprietà.

Per semplificare il più possibile esiste una relazione diretta tra libertà economica ed investimenti, crescita e reddito: più un paese è libero maggiore sarà la crescita e non il contrario. Parallelamente la crescita economica riduce la povertà ed accresce il welfare. Infine la libertà economica incoraggia la cooperazione, la tolleranza e le relazioni di pace. Solo per elencare un po' di lati positivi a sostegno della libertà economica, i paesi a più alta libertà economica sono anche quelli che hanno un grado di istruzione uomo/donna più elevata. Ancora tra questi paesi figurano anche quelli a più alto reddito pro capite; i paesi con popolazione più longeva sono quelli a più alta libertà economica, lo stesso vale per la qualità della salute (dati World Bank e Fraser Institute).

Quindi  la corruzione (-4.0)  ed il controllo della spesa pubblica (-9.2), che sono stati gli elementi che ci hanno penalizzato di più, hanno contribuito anche "l'attesa sulle riforme istituzionali annunciate e mai avviate che minano la crescita economica. Peggio, le fondamenta della libertà economica rimangono deboli in assenza di una struttura giuridica che permette la risoluzione tempestiva dei casi giudiziari. In Italia l'indebitamento elevato, aggravato da una debole struttura, stanno mettendo a repentaglio la crescita di lungo periodo" questo quanto indicato a supporto dell'abbassamento dell'indice (e non è S&P che scrive questo).  Ancora la complessità delle regolamentazioni e gli alti costi per fare business, rappresentano la ciliegina sulla torta alle restrizioni della libertà economica e della concorrenza.

L'Italia ha una struttura economica tale che, se estrapoliamo la crescita generata dalla spesa pubblica, rappresentiamo un paese che non ha alternative al declino. Quindi se continuiamo ad avere una spesa pubblica che cresce del 3% ed un economia che cresce dell'1 (sto semplificando), non è difficile immaginare in quale direzioni si vada in termini prospettici (questo rappresenta anche l'orizzonte a cui guardano le agenzie di rating).

Ma i settori in cui bisogna agire maggiormente sono  la corruzione e la spesa pubblica, che spesso viaggiano di pari passo, ed non dimentichiamo il mercato del lavoro. Si pensi per esempio al fatto che per ottenere una Licenza per una determinata attività economica, spesso alla semplice  richiesta (più tutta la burocrazia che c'è dietro), si accompagna con favoreggiamenti chiesti a  funzionari e politici di turno, nonché  pagamenti di emolumenti in nero (il tutto quando si oltrepassa il limite della legalità). Nel caso in cui invece per entrare in un mercato non c'è bisogno di licenza è verosimile pensare che il meccanismo illegale non abbia modo di verificarsi (questo vale per tutti i settori che hanno barriere all'entrata). È tanto difficile capirlo?

Per quanto riguarda la spesa pubblica, bisogna limitare l'impatto dello stato nell'economia. La partecipazione dello Stato nell'economia rimane una eccezione quasi esclusiva per l'Italia se confrontata con le altre economie sviluppate.  Per esempio potremmo iniziare con le municipalizzate: vanno velocemente privatizzate (aggiungo anche quelle che gestiscono l'acqua). Motivo a supporto di ciò e che gli utili generati dalle municipalizzate vanno "purtroppo" reinvestiti nel settore pubblico, il quale genera spesa improduttiva. Per contro le perdite di queste aziende vengono spalmate sulla collettività, con aumenti di tasse. Non dimentichiamoci che le municipalizzate (e tutte  le aziende  controllate da enti pubblici), generano poltrone a gogo gestite dalla politica da nord a sud (vedasi per es. le ASL).

Si spera che la fase 2 del governo sia accompagnata da una successiva ondata di liberalizzazioni che incidano su materie più complesse, come le privatizzazioni e la vendita di immobili.

Infine l'indice del mercato del lavoro è pari a 43.0 attestandosi alla 153° posizione. "Le rigidità del mercato del lavoro contrastano con la vitalità dell'occupazione".  Credo che Fornero & C. avranno molto da lavorare e soprattutto contrastare la scarsa visione economica che attanaglia le menti di politici, sindacati e populisti.

Andrew Tancredi - analista indipendente - 4VALUE