Mapplethorpe, il Rinascimento e Michelangelo

Dal 21 marzo al 13 giugno 2010 il Museo d'Arte di Lugano dedica una straordinaria esposizione all'opera del grande fotografo americano scomparso nel 1989 a soli 42 anni. La mostra "Robert Mapplethorpe. La perfezione nella forma" è stata realizzata anche in collaborazione con la Galleria dell'Accademia di Firenze, dove si è svolta con enorme successo la prima tappa espositiva.

I curatori Bruno Corà, Franca Falletti e Jonathan Nelson, hanno selezionato un significativo repertorio di oltre novanta opere che illustrano la costante ricerca di un'ideale perfezione plastica da parte di Mapplethorpe, ricerca che ha permesso di stabilire un affascinante dialogo tra il fotografo americano e i grandi maestri del Rinascimento, in particolare Michelangelo. In questo senso appaiono significative le seguenti affermazioni dello stesso Mapplethorpe: "Se io fossi nato cento o duecento anni fa avrei potuto fare lo scultore, ma la fotografia è un modo più veloce per vedere le cose, per fare scultura" e ancora "Vedo le cose come fossero sculture... dipende da come quella forma sta all'interno dello spazio e credo che questo tipo di approccio derivi dalla mia formazione storico-artistica".

L'esposizione si articola in cinque sezioni: Mapplethorpe e il Rinascimento, La geometria della forma, Il frammento come forma, La forma si sdoppia, La forma scultorea, che illustrano altrettanti aspetti della ricerca formale condotta dall'artista, perfettamente riassunta in questo suo pensiero: "Cerco la perfezione nella forma [...] un soggetto piuttosto che un altro non fa differenza. Cerco di catturare quello che mi appare scultoreo".

L'accostamento di Michelangelo o più in generale dell'arte del Rinascimento a Mapplethorpe non è certo una novità; è stato ripetutamente fatto in passato, anche se talvolta in maniera poco felice, quando si è puntato più sulla somiglianza occasionale e del tutto esteriore di posizioni o forme, lasciandosi trascinare nell'errore di vedere come riferimento specifico quello che in realtà era solo un attingere, più o meno consapevolmente, a immagini presenti nel comune repertorio mnemonico di chi si occupa di arte, siano essi artisti, storici dell'arte o collezionisti e mercanti. Del resto è fatto innegabile che la produzione fotografica di Mapplethorpe sia dominata da un sentire e da un procedimento costruttivo dell'immagine di tipo scultoreo, come da lui stesso in più occasioni ha rilevato, che si applica in prevalenza al corpo umano; in tal senso l'esposizione di sue opere accanto a quelle di Michelangelo è particolarmente significativa e crea l'opportunità di una più approfondita lettura della figura di questo importante artista del secolo scorso.

Preme tuttavia chiarire da subito che ogni paragone con il passato deve essere inteso nel suo giusto valore di assonanza nel campo degli interessi inerenti la ricerca artistica, ma non di identità del percorso né delle soluzioni raggiunte, che sono sempre assolutamente personali e in quanto inserite in un contesto diverso, richiedono una diversa lettura. Così, quando nel ripensare all'opera di Mapplethorpe viene in mente il rigore della prospettiva rinascimentale e magari l'ossessione prospettica di Paolo Uccello o di Piero della Francesca, oppure la struttura geometrica del progettare (vuoi il disegno di un corpo umano, vuoi un complesso architettonico) di Michelangelo, si deve intendere che in tutti questi casi l'istanza profonda che spinge all'atto creativo è connessa al bisogno di dominare la natura attraverso una regola imposta, svincolata dal punto di vista emotivo o ottico dell'artista. Ogni tentativo di ulteriori paragoni rischia di divenire ingiustificato.

Michelangelo ebbe a lottare tutta la vita con la forma per farne uscire a furia di scalpello l'Idea, quel fuoco che gli ardeva dentro e che lo costrinse in vecchiaia a bruciare parte dei suoi preziosissimi fogli, sempre inadeguati a ciò che voleva la sua mente e il suo animo.

Mapplethorpe si pone lo scopo di realizzare forme scultoree attraverso il mezzo che gli è proprio, cioè la macchina fotografica. La mostra dedica una importante sezione a illustrare questo concetto, che interessa, per sua stessa ammissione, tutto il lavoro di Mapplethorpe.
Lo strumento fotografico, del resto, è perfetto per rendere il valore scultoreo degli oggetti rappresentati, per quanto ciò possa non apparire alla prima così scontato. Il punto è l'importanza che in ambedue i procedimenti assume l'uso della luce. L'evidenza della volumetria di ogni oggetto rappresentato e la sua estensione nello spazio non sono infatti garantiti dallo scalpello né dall'obiettivo, ma dalla luce che lo investe. Per questo motivo gli scultori del passato, primo fra tutti Michelangelo, erano degli infaticabili disegnatori e con l'applicazione costante di questo esercizio studiavano il chiaro scuro e distribuivano le ombre; non solo, ma proprio per vedere meglio come far emergere nei punti giusti i vuoti e i pieni, non pochi pittori erano soliti preparare modellini in terracotta con cui fare prove di illuminazione. Né meraviglia come un pittore tanto interessato alla luce e alla funzione che essa ha nel far emergere i corpi dall'atmosfera, Leonardo da Vinci, si sia formato nella bottega di un maestro, il Verrocchio, dove si faceva prevalentemente scultura. Perché in fondo, chi vuole fare scultura, si trova fondamentalmente a doversi misurare con la luce; e allora chi meglio di un fotografo, per cui la luce è la materia, che unendosi alla pellicola va a costituire l'oggetto artistico stesso? E per cui la vista è il senso per eccellenza coinvolto? Un fotografo può davvero trovarsi, come Mapplethorpe a....., scolpire con la luce.

(fonti: Mapplethorpe e il Rinascimento di Franca Falletti)

Fabrizio Capsoni-redazione FotografARTE

 


 

1946 Robert Michael Mapplethorpe nasce a New York il 4 novembre.
1963 Frequenta il Pratt Institute a Brooklyn, dove studia disegno, pittura e scultura.
1967 Incontra Patti Smith. Il sodalizio umano e professionale con la cantante si rivelerà uno dei punti fermi della vita di Mapplethorpe e lo accompagnerà fino alla morte.
1970 Riceve la sua prima macchina fotografica, una Polaroid, con cui inizia a fare foto da utilizzare nei suoi collages. Va ad abitare con Patti Smith in un loft dove lavora a installazioni molto elaborate.
1971 Visita gli archivi fotografici del Metropolitan Museum of Art, una fonte di ispirazione importante. La fotografia, soprattutto ritratti di Patti Smith e di se stesso, diventa il suo principale lavoro artistico.
1972 Inizia una relazione con il curatore Sam Wagstaff, che gli regala uno studio (1972) e una Hasselblad (1975), macchina con la quale, da quel momento, realizzerà tutti i suoi lavori. Wagstaff lo introduce nel mondo dell’arte che conta a New York e ciò imprime alla sua carriera un nuovo, fondamentale impulso.
1973 Polaroids, la sua prima personale, apre alla Light Gallery di New York e da questo momento si susseguono numerose personali e collettive negli USA e in Europa. Insieme con Wagstaff visita la mostra The Painterly Photograph al Metropolitan Museum, un evento che trasforma la loro concezione della fotografia. Ambedue iniziano a collezionare fotografie.
1977 È invitato a documenta 6 a Kassel.
1977-1978 Il suo interesse è diretto soprattutto alla fotografia a soggetto sadomasochista, di cui poi si disinteresserà progressivamente. Già nel 1978 si focalizza su ritratti, fiori e nudi - specialmente maschili e afro-americani - che rimangono i tre temi principali della sua fotografia.
1980 Inizia la collaborazione artistica con la modella Lisa Lyon, campionessa del mondo di bodybuilding femminile.
1983 Viaggia in Italia, prima a Venezia per una personale a Palazzo Fortuny e subito dopo a Napoli per il progetto espositivo di Lucio Amelio Terrae Motus. Pubblica Lady Lisa Lyon, primo volume di gran successo sia di pubblico che di critica. Comincia a creare sculture e negli anni successivi sperimenta una serie di tecniche di stampa particolari, dalla serigrafia alla fototipia, stampe al platino su carta e stoffa.
1986 Gli viene diagnosticata l’Aids, malattia di cui è uno dei primi personaggi pubblici a parlare apertamente.
1988 Istituisce la Robert Mapplethorpe Foundation, con lo scopo sia di raccogliere fondi per la ricerca contro l’HIV, sia di sostenere lo sviluppo della fotografia come forma d’arte.
1989 Muore il 9 marzo.