Santa Severina, la nave di pietra

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Dicono che sia bellissima d'inverno, quando emerge da un banco di nuvole o di nebbia come una visione incantata, una specie di pianeta volante. Io l'ho vista d'estate, sotto un cielo di smalto azzurro, venirmi incontro da lontano, nitida, con la sua forma di nave sopra le colline del crotonese, oltre la riva luccicante del Neto.

Santa Severina, alta e fiera, arroccata in uno spazio circolare, dominato dal magnifico castello bianco e dal campanile della cattedrale. Intorno, tutto uno strapiombo fiorito di conchiglie fossili. Ci si arriva con passo da pellegrino, anche se si viene in macchina: l'impressione è quella di chi aver tanto camminato, e cercato. E pare naturale provare reverenza davanti alla sua bellezza millenaria, e giusto chinare leggermente il capo, come lo si farebbe davanti a una regina.

Questa è stata terra di normanni e bizantini, di spagnoli e di briganti. Rischiava di decadere nel silenzio e nell'abbandono, come tanti paesi del Sud. E invece no, la storia è girata da un altro verso. Merito delle persone che l'anno salvata, a partire dal sindaco. C'è stato un recupero attento delle pietre umili e dei grandi monumenti, come lo splendido battistero bizantino. Altri lavori sono in cantiere.
E intanto le sale del castello ospitano mostre internazionali. Merito anche di un manipolo di attori, poiché da qualche anno Santa Severina è sede di un festival teatrale molto fuori dagli schemi, "Le Arti del Gesto", una sorta di laboratorio dove attori e musicisti provenienti da ogni dove vivono e lavorano insieme per giorni, nelle strade e nei cortili. Quest'anno, in agosto, il borgo è stato espugnato dagli artisti dopo un assalto brancaleonico, al termine del quale il primo cittadino si è arreso e ha consegnato loro le chiavi. Ho visto funamboli calarsi dai balconi, attori sulle torri e sui pianerottoli delle case, musicisti suonare in minuscole piazzette, tra la gente.
Ho visto la speranza di un cambiamento, di una salvezza farsi concreta, per questa terra che è anche mia per vincolo di sangue. E che mi vedrà tornare, ancora una volta, pellegrina.

Annamaria Sansone